Nel seguente articolo abbiamo deciso di approfondire il seguente caso studio proponendovi un’analisi visiva del nuovo logo dell’Inter.
Potremmo iniziare analizzando il nuovo stemma dell’Inter, appena depositato, oppure dalla sua evoluzione nel corso del tempo e invece partiamo da qui:
Questi sono tutti i loghi dell’Inter disposti senza seguire un ordine di data, forma, colore o importanza… vedremo più avanti perché c’è questa immagine su internet, per ora ci serve a capire che dal prossimo 9 marzo, giorno del 113° compleanno dei nerazzurri, l’Inter non cambia logo dopo più di un secolo, ma lo evolve.
L’ultima revisione del brand risale al 2014 e i cambiamenti del logo sono principalmente volti a renderlo più leggibile e versatile con una F che curva con la C, aumentando il tratto delle lettere e togliendo la stella che ritroveremo sulla divisa da gioco come elemento “militare”: il riconoscimento del raggiungimento del decimo scudetto.
Sono evidenti dall’immagine anche i seguenti elementi: il font istituzionale, le versioni monocromatiche, una versione molto semplificata dello stemma su una felpa.
Tornando, però, all’immagine iniziale, è facile notare che più della metà dei loghi è assimilabile alla versione appena analizzata.
Si potrebbe ipotizzare che gli stemmi “diversi dal nostro” siano quelli vecchi e ad un certo punto sia nata questa versione che negli anni si è cercato di migliorare.
Tanto un neofita di calcio quanto uno di comunicazione sanno che non è così: “questa versione” è il frutto dell’alternarsi di versioni completamente differenti ad altre molto simili.
Lo abbiamo visto con la prima immagine, ma qui è ancora più evidente: il brand evolve.
Visivamente vediamo che la F e la C di Football Club scompaiono, i colori si riducono a nero, blu e bianco mentre il font perde le grazie e acquista slancio in verticale.
Queste sono le azioni grafiche che ci dicono come sta cambiando il mondo nerazzurro, ma cosa ci raccontano?
Visto che il progetto di rebranding non è stato ancora ufficializzato, possiamo soffermarci sulle prime impressioni raccolte e fare alcune considerazioni.
Partiamo subito con l’ironia faceta di chi vede nel cambiamento una somiglianza con il logo del controverso ex-capitano Mauro Icardi, passando per l’Istituto italiano del marchio di qualità arrivando a chi propone delle versioni alternative.
Premesso che ironia e solerzia sono sempre le benvenute se volte al miglioramento, fare un rebranding non significa semplificare all’infinito degli elementi e nemmeno mettere insieme due lettere dell’alfabeto. Infatti, se proviamo a cercare online dei loghi che contengano le iniziali di Inter Milano, vengono fuori decine di risultati, alcuni acquistabili per poco e tra questi ne troviamo addirittura alcuni somiglianti a quelli proposti precedentemente come alternativa.
Concludiamo questa parentesi con alcuni esempi di stemmi utilizzati da altre squadre di calcio dove chi è stato preposto a dare un’identità alla squadra si è mosso dal campo dell’ispirazione fin quasi al plagio.
Questo ci fa capire come internet ha reso tutto incredibilmente vicino e verificabile, tra chi ti dice la sua e chi copia dimostrando ancora una volta che essere memorabili, significativi, trasferibili, adattabili, difendibili e anche un po’ fighi non è mai semplice.
Adesso possiamo approfondire la nostra analisi con più consapevolezza e riusciamo addirittura a rispondere alla fatidica domanda di questi giorni: ma l’Inter ha fatto quello che ha fatto la Juve?
La Juve nasce alla fine del 1800, l’Inter una decina di anni dopo, riusciamo ad immaginare il mondo di quell’epoca? La squadra della capitale ligure nasce poco prima con il nome di Genoa Cricket and Football Club, significa che delle persone si riunivano nel tempo libero per praticare due sport da poco importati dall’Inghilterra.
La cronaca sportiva era documentata da pochissime immagini in bianco e nero, le divise da gioco non solo erano prive di stemmi e sponsor ma erano anche senza i numeri che identificano i giocatori.
L’esclamazione “… ma la modernità di Dante?!” ,di Carlo Verdone in Gallo Cedrone, quanto si addice al primo logo dell’Inter se lo paragoniamo a quello della Juve?
Certo, all’epoca era inimmaginabile cosa sarebbe diventato il calcio e su quali supporti sarebbe stato fruito ma adesso ci è più chiaro perché, dopo tentativi molto radicali, si sia preferito “tornare all’origine” e questo non per mancanza di idee ma per una questione di identità.
Quindi se le due squadre condividono la necessità di rinnovarsi, sono più che mai divergenti proprio nella nuova identità che vogliono trasmettere.
La Juventus perde ogni riferimento territoriale e preme l’acceleratore su una sintesi che sia estremamente versatile “fuori” dal campo da gioco per essere più flessibile e accettabile ad una fetta di persone che, ancora più del tifo, possono essere interessate al lifestyle bianconero.
La scelta del Football Club Internazionale Milano opera nel verso opposto come ha precisato l’AD Alessandro Antonello: “… rafforzare ulteriormente il legame con la città di Milano”.
Ecco quindi che il rebranding risulta meno di rottura rispetto a quello bianconero, dove la semplificazione non è fine a se stessa, ma spinta a rafforzare la geolocalizzazione della squadra nella città di appartenenza con tutto il ritorno positivo che ne può derivare in quel lifestyle che abbiamo già visto ma a tinte nerazzurre.
Vi lasciamo con un’ultima domanda: il logo della Juve nel 2020 è cambiato, ma in cosa è diverso?
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